Per tanti dire “disturbo bipolare” è leggere solo due parole, per qualcuno diventa una curiosità da soddisfare magari cercando su internet, mentre per altri è sinonimo di sofferenza, di vergogna, di tristezza…
Ci si scontra con questo tipo di malattie molto più spesso di quello che si immagina, però in tanti scappano se posso, in molti ignorano e altri invece ascoltano, ci vivono (alcuni costretti) e provano a capire. Io ci sto provando…
Sembra semplice, sembra facile, ma non è così. Se si ama qualcuno, se gli si vuole bene capita che si instauri un meccanismo di rifiuto, di mal sopportazione perché non si può credere che sia successo a qualcuno che apparentemente non ne ha motivo, ma…
Questo è l’errore, perché partiamo dal presupposto che non ci sia motivo? In fin dei conti, sappiamo veramente tutto della vita delle persone che ci stanno vicino? Non facciamo i presuntuosi, la vita delle persone non è soltanto quello che fa e che dice ma è anche quello che non dice, quello che tiene dentro di se.
Ecco, questo è un primo passo, non dare per scontato che chi finisce in questa malattia, in questa altalena di eventi emotive non ne debba avere motivo… E il problema è scoprire questo motivo che magari si trova nascosto nei passaggi segreti della testa e dell’anima, in un luogo inizialmente completamente sconosciuto, anche del suo… custode.
Ormai è da un po’ di tempo che sto cercando di capire, o meglio, che seguo questo percorso altalenante di una persona che soffre di disturbo bipolare, anni, ma solo ultimamentesi sta definendo una certa situazione che piacere o non piacere, faro di tutto per farla cambiare, sperando mi venga permesso…
La mia storia, che è certamente diversa da tutti gli altri è iniziata con la fine di un evento forte, di una malattia fortunatamente risolta che ne ha però scatenata un’altra, più subdola, più di “sentimenti” che fisica e con tanti e tanti rivoli differenti da seguire. E che inizialmente mi ha fatto scoprire il significato di feeling blue.